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Un complesso caso di Tubercolosi (Mycobacterium bovis) in un allevamento bovino allo stato semibrado. (Versione 1.1)

Dott. Angelo Carfagna
11/04/2022
Editor IZSUM

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Angelo Carfagna Medico Veterinario Servizi Sanitari ASUR Marche

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Parlerò di un caso di Tubercolosi bovina (Mycobacterium bovis / Mycobacterium caprae), molto complesso, che si è protratto con varie vicissitudini, per quasi un anno e si è concluso con l'abbattimento di un gregge numericamente rilevante. Un'area montano collinare estesa è stata salvaguardata da un possibile focolaio di Tubercolosi anche grazie all'impegno dei Veterinari territoriali. La storia parla anche del rapporto, non sempre semplice, fra Allevatori e Istituzioni.

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Ricordo che mi sono trovato a lavorare come Veterinario per la sorveglianza delle attività zootecniche dove c'erano alcuni problemi organizzativi. Fra le cose che richiedevano attenzione alcuni allevatori particolarmente restii a fare le profilassi obbligatorie. Di conseguenza, come Veterinario, dovevo affrontare la situazione con una certa decisione e prudenza allo stesso tempo.

In particolare c'era un allevamento bovino allo stato semibrado che dava problemi. Si trattava, come in tanti altri casi, di un allevamento misto; molti meticci, incroci con brune e qualche marchigiana, il cui proprietario era sfuggente e non riuscivamo mai a concordare la profilassi di Stato. Non la voleva proprio fare. Aveva sempre difficoltà a radunare gli animali e collaborare con noi. Ad un certo punto, lo informai per iscritto che ad una certa data si sarebbe recato da lui un collega Veterinario per eseguire i controlli obbligatori, previsti dalla normativa e mi aspettavo qualche problema. Infatti al momento di effettuare il sopralluogo l'allevatore cominciò a lamentarsi che non era riuscito a radunare gli animali. Molti diceva erano stati spaventati dal traffico di persone e dagli spari della stagione venatoria del cinghiale e si erano dispersi nella boscaglia adiacente, per cui fummo in grado di sottoporre a profilassi pochissimi capi. Un vitellone di dodici mesi fra quelli esaminati risultò essere positivo al test della tubercolina. In effetti la situazione non sembrava grave, procedemmo all'abbattimento dell'animale, ma con un solo capo positivo non c'era bisogno di fare la dichiarazione di “allevamento infetto”.

Nel giorno successivo eseguimmo l'autopsia sul bovino il quale, pur essendo giovane, mostrava estese lesioni polmonari riconducibili a tubercolosi bovina, referto rilevante che faceva supporre una situazione più grave di quanto il proprietario volesse far immaginare. Dall'anagrafe bovina constatammo che l'allevamento aveva un allevamento che contava oltre settanta capi e noi ne avevamo esaminati meno di una trentina. Il rapporto di prova dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale parlava di TBC complex per cui era da sottoporre a profilassi l'intera mandria. Apparentemente, durante questo periodo l'allevatore sembrava ben disposto a collaborare . in quel periodo (si era in pieno inverno) in montagna imperversò il maltempo, cominciò a nevicare, fu quindi difficile accedere alla mandria e gli animali erano nuovamente irreperibili, dispersi in un territorio impraticabile.

Quando il tempo migliorò l'allevatore non favorì i controlli, sembrava continuare ad accampare scuse per non radunare gli animali Alla fine sollecitai un'ordinanza del Sindaco che intimò al Proprietario del gregge di recuperare il bestiame e metterlo a nostra disposizione per le profilassi di Stato. Il termine imposto fu di tre giorni, ma l'allevatore non impegnò nel mettere in atto quanto richiesto. Nel sopralluogo insieme alla Guardia Forestale, che si era unita a noi in supporto ci accorgemmo che , non erano state ripristinate le recinzioni, pertanto gli animali erano ancora dispersi ed inaccessibili e non combinammo nulla. Dopo qualche giorno si riuscì a sottoporre gli animali ai test per tubercolosi , leucosi e brucellosi in diciotto capi di età superiore ad un anno e otto capi inferiori che non erano stati testati nell'intervento precedente. Vennero anche sottoposti a test della tubercolina diciassette capi risultati negativi al primo controllo. Di questi ultimi, uno risultò positivo Ad una terza prova effettuata risultarono positivi cinque capi. La situazione si faceva preoccupante. Allora con una seconda ordinanza si impose il ripristino delle recinzioni e il recupero dell'intera mandria in quanto era necessario chiarire la reale positività alla Tubercolosi dell’allevamento ed impedire la potenziale diffusione dell'infezione nel territorio circostante. Effettuammo le operazioni con l'aiuto delle forze dell’Ordine. Intanto però con le nuove nascite, eravamo arrivati a oltre ottanta capi (neppure inseriti in anagrafe) che, al pari di buona parte dell’allevamento originario, non erano stati controllati.

Ricordo che alla fine di Marzo informammo il Sindaco delle positività riscontrate e venne disposto l'abbattimento degli animali positivi. Quando si dette esecuzione alla disposizione di legge ci furono problemi significativi con l'allevatore. Questi che fino ad allora, pur non avendo collaborato, si era tenuto tranquillo, ritenendosi vittima di un sopruso, divenne addirittura aggressivo. Brandendo un palo della recinzione colpì un Poliziotto. Inoltre uno degli animali da abbattere riuscì a scappare e non fu per il momento ritrovato. Naturalmente l'allevatore fu arrestato. Dopo un po' di giorni il suo avvocato riuscì a farlo uscire dal carcere, perchè doveva aiutarci a recuperare la sua mandria, dispersa che non si riusciva più a mettere insieme.

Un altro grave fatto, presumibilmente legato alla nostra storia, fu che nello stesso anno alcuni cinghiali abbattuti nelle zone limitrofe, presentavano in sede di necroscopia, lesioni dei linfonodi perifaringei e delle tonsille riconducibili a tubercolosi. Forse gli animali selvatici avevano trovato le carcasse di bovini morti nel bosco e se ne erano cibati, infettandosi a loro volta. Quindi tutta l'area poteva essere a rischio. La Tubercolosi è una grave malattia infettiva, contamina i pascoli e l'ambiente e si trasmette negli animali selvatici quali cinghiali e numerosi tassi, che possono fungere da serbatoio per il micobatterio. Oltretutto il versante del monte limitrofo all'allevamento incriminato, era pieno di bestiame al pascolo tanto che quando vi ritrovammo il bovino che era scappato dall’allevamento fummo costretti ad abbatterlo sul posto per il pericolo che questo poteva rappresentare per gli altri animali.

Considerando le problematiche di Tubercolosi dell'allevamento, la fuga degli animali, e le evidenze anatomopatologiche riscontrate nelle prime vie respiratorie dei cinghiali, c'era davvero di che preoccuparsi. Eravamo tutti in ballo, noi e le forze dell'Ordine. Da una parte, senza scusarne il comportamento, capivamo anche la disperazione dell'allevatore e questa situazione di contrasto, soprattutto la responsabilità sul piano sanitario, si rifletteva nel servizio Veterinario stesso che doveva organizzare una complessa attività di controllo per fronteggiare un possibile nascente focolaio di Tubercolosi. Eravamo arrivati ormai alla Primavera e dato il protrarsi della situazione chiedemmo un parere dirimente all'Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Marche, che ci consigliò di effettuare ulteriori test. Le prove coinvolsero altri trentasei capi della mandria, di cui tre risultarono positivi ed uno dubbio. A questo punto con il parere favorevole dell'Osservatorio si decise di procedere all'abbattimento di questo bestiame.

L'allevatore fece ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, che sospese la procedura di abbattimento. Gli animali sospetti di positività alla Tubercolosi erano sostanzialmente liberi di muoversi ed infettare un vasto territorio. Pertanto non si poteva portare avanti questa situazione ancora a lungo. Allora l'allevatore accettò un compromesso. Si sarebbero abbattuti cinque capi a caso del suo allevamento e se si fossero rilevate lesioni riferibili a a tubercolosi, allora si sarebbe annullata la sospensiva e proceduto allo stamping out. La mattina del test, arrivarono al mattatoio le cinque manze marchigiane molto belle. Furono abbattute e all’apertura degli Il caso volle che tutte e cinque recassero lesioni tubercolari evidenti. Non si potè fare altro che procedere con l'eliminazione di tutti gli animali. Al proprietario però fu anche offerto il ristoro previsto dalla Regione per le malattie epidemiche che poteva in buona parte ricompensarlo della rilevante perdita. Questo impegno e la coscienza del mandriano che aveva capito da quanto era successo di stare giocando pericolosamente con la salute anche propria, lo convinsero a non opporsi più all'abbattimento dei suoi animali.

La macellazione fu effettuata nel mese successivo al mattatoio e vennero trovate lesioni tubercolari su tutto il bestiame ed erano lesioni di vario tipo: polmonari, mesenteriche, epatiche. Ricordo ancora un linfonodo prescapolare di un vitellone di circa sei quintali, con una lesione tubercolare molto grande.Dopo l'abbattimento furono destinate all'incenerimento trentasei vacche, tre vitelloni, cinque manze, trentadue vitelli, in tutto settantasei bovini. La storia era finita. Questa vicenda si protrasse dal Novembre del 2004 al Settembre del 2005, furono dieci mesi di contrasti, ingiunzioni, sopralluoghi, liti e problemi poi finiti bene.L'allevatore comprese la sua responsabilità e alla fine ci ringraziò. Il suo atteggiamento cambiò davvero e da allora quando con i colleghi passavamo da lui per le profilassi ci accoglieva in azienda come un amico.

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